German Tartan
Quando ero piccola, tartan, che io chiamavo “scozzese” significava solo una cosa: mettersi la gonnellina a pieghe per vestirsi bene. Alle superiori/università invece è diventato sinonimo di libertà: tartan era il pattern del punk. Un paio di pantaloni bellissimi-strettissimi con design scozzese che sfoggiavo abbinati ad una cintura con borchie, era diventato la mia coperta di Linus.
Passato il punk e passata anche la taglia adatta a quei pantaloni, scopro grazie ad una amica e a un bellissimo manga (Nana, della Ai Yazawa– lo consiglio a tutti) Vivienne Westwood. La fashion designer inglese capace negli anni ‘70 di far diventare tradizione, il punk sulle passerelle.
Ora però stiamo assistendo ad una nuova diffusione del tartan, non più come simbolo di lotta contro l’establishment, ma forse più come ritorno all’epoca vittoriana. Non parlo delle sue vere origini, non andremo certo in giro con kilt come gli Highlanders, ma di quello in cui il tartan veniva associato all’aristocrazia britannica come simbolo di classe ed eleganza. Più Burberry che Westwood insomma. Probabilmente quello che stiamo per vedere è una unione dei due schieramenti.
Se prima veniva applicato solamente ad alcune stoffe particolari, ora lo troviamo come texture adatta a qualsiasi tipo di materiale e capo. Dalla più semplice sciarpa, al collant, dal cappotto, al piumino. Non mancano certo le gonne, che forse ricordano un po’ il kilt, i pantaloncini da indossare sopra i leggings e le giacche in stile college. Per non parlare degli accessori e delle possibili infinite varianti di colori.
Una scelta classica ed elegante per colorare i capi autunnali nella versione vittoriana o un pizzico di follia per rallegrare le giornate in ufficio con lo stile Westwood.
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